CUGGIONO Villa Clerici: un monumento in rovina

CUGGIONO (di Giuseppe Leoni) Nel Seicento la diminuzione degli utili mercantili (provocata dalle scoperte d’oltreoceano e dall’oro delle Indie occidentali) provocò la corsa agli investimenti immobiliari. Il capitale si ritirò dall’attività propriamente industriale e commerciale e avvenne quel fenomeno passato alla storia come la ‘pietrificazione della ricchezza’, del quale la famiglia Clerici fu protagonista, anche nel nostro territorio.


Fu nel 1643 che la famiglia Clerici si stabilì a Milano e cominciò ad acquisire immobili, in città e nel contado (praticamente la famiglia possedeva 2100 pertiche di terreno a Malvaglio e poi c’erano i possedimenti di Castelletto di Cuggiono), investimenti che portarono alla costruzione di palazzi e ville che portano ancora oggi il suo nome: il palazzo Clerici di Milano affrescato dal Tiepolo, ma anche la ‘Villa di Delizia’ di Castelletto di Cuggiono. Parleremo di quest’ultima fantasmagorica presenza, sempre più decadente, posta sulla riva sinistra del Naviglio Grande che dovrebbe essere recuperata al mondo (la canonica di Bernate per ‘intercessione’ del senatore leghista Massimo Garavaglia ha avviato un processo di restyling, mentre Villa Clerici sta cadendo a pezzi). Per una questione di buon gusto. Quando si vede un tale spreco del pubblico denaro (specialmente quello frutto del finanziamento pubblico dei partiti i cui casi eclatanti sono noti a tutti) e non si riesce neanchea trovare quel minimo che servirebbe per mettere in sicurezza un ‘monumento’, è il segnale che siamo in piena decadenza, come al tempo del tardo impero romano.

‘LA VILLA DI DELIZIA’
Fu completata da Giorgio II Clerici (1648-1736) in quale incaricò l’architetto Gerolamo Quadrio di realizzare una ‘villa di delizia’ che fu immortalata da Marcantonio Del Re nelle sue famose stampe. Nel 1871 la proprietà Clerici passò di mano. Avrebbe dovuto diventare il Manicomio provinciale, ma l’idea non si concretizzò e la villa fu acquistata dall’ingegnere Carlo Cornelli (un pioniere dell’energia elettrica nel territorio) che la vendette alla famiglia Simontacchi che vi installò uno stabilimento tessile rovinando in parte il pregevole insediamento: si è scoperto recentemente che una parte della scenografica scalinata in granito rosa di Baveno, che degrada verso l’imbarcadero del Naviglio, è stata demolita per far posto ad una vasca per il candeggio dei tessuti! Non solo, pezzi di parete affrescati dai più grandi pittori del Seicento sono stati demoliti per creare ambienti più consoni all’attività industriale. Nel 1950 la villa entra a farparte dell’attuale proprietà Pacchi, industriali bustocchi che hanno avuto l’onere di tramandarla, aprendola raramente al pubblico. L’ultima volta avvenne il 23 giugno 2005, promossa dalla fondazione ‘Candiani’ occasione che fece innalzare un ‘grìdo di dolore’ dagli amanti delle bellezze italiche.
I FEUDATARI DI CUGGIONO
Carlo Clerici (1615-1677) fu il primo personaggio della famiglia. Reggente del Supremo Consiglio d’Italia a Madrid, membro del Senato milanese, fu lui a condurre le trattative per l’infeudazione di Cuggiono Maggiore avvenuta il 24 aprile 1674. Non volle assumerne il titolo che lasciò al fratello Pietro Antonio Clerici che lo mantenne con i suoi discendenti fino al 1768 quando la casata si estinse. Lo stemma del Comune di Cuggiono ricorda ancora oggi la presenza dei Clerici: “D’oro al frassino naturale posto tra due colonne doriche di marmo”. Son queste due colonne di marmo l’emblema dei marchesi Clerici.
‘NON PLUS ULTRA’
Secondo la mitologia, questa iscrizione ‘non plus ultra’ – motto della famiglia Clerici -  fu scolpita da Ercole sul monte a Gibilterra, indicata come limite estremo del mondo, oltre al quale il passaggio era proibito. Ercole separò il monte in due parti (le due colonne d'Ercole). Nell'uso comune la frase, ‘non plus ultra’, serve ad indicare il massimo, della perfezione, com’era nello stile di vita dei membri della nobile famiglia Clerici.

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