ABBIATEGRASSO Un volume intero per chiedere la riapertura del caso “Perini”. Un omicidio rimasto irrisolto a quasi dieci anni di distanza. L'istanza è stata presentata questa mattina (sabato) al Procuratore Generale e tra qualche giorno si saprà se verrà accolta. Ebe Pagliari (nella foto), la mamma dell'agricoltore assassinato l'11 maggio 2000 nei pressi della cascina Meraviglia di Ozzero e ritrovato cadavere il 19 maggio in una lanca del Ticino a Besate, è fiduciosa e commenta: “L'assassinio di mio figlio è stato premeditato e studiato con attenzione da persone che lo conoscevano e che volevano la sua morte”. Parole che la donna di 67 anni ha sempre sostenuto fin dall'inizio. In tutto questo tempo Ebe Pagliari ha condotto una battaglia agguerrita per arrivare alla verità. “Voglio si faccia giustizia per mio figlio Marco”, ha sempre detto.
E dopo mesi e mesi di lavoro certosino compiuto dall'avvocato Francesco Campagna di Milano è arrivato il momento di presentare il documento che spiega per filo e per segno i motivi per i quali la Procura deve indagare ancora su un delitto che ha sempre recato con sé un alone di mistero. Su chi siano le persone da sentire, gli elementi ancora da accertare, gli argomenti da approfondire c'è il massimo riserbo come è giusto che sia in questi casi. “Posso solo dire che non è stata una persona sola, ma questo lo si era capito subito. E che gli assassini vanno cercati nella nostra zona, come ho sempre detto”, aggiunge Ebe Pagliari. Che ha parlato di “premeditazione”. Quindi coloro che hanno colpito a morte Marco Perini con un corpo contundente e lo hanno accoltellato nel pomeriggio dell'11 maggio 2000 avevano pianificato la sua uccisione. Conoscevano le abitudini dell'agricoltore e gli hanno teso un agguato.
“Sul movente non posso proprio dire niente - aggiunge la Pagliari - Mi auguro solo che questa istanza non faccia la fine di quella precedente”. Infatti nel mese di gennaio 2005 Ebe Pagliari presentò una prima istanza presso il Tribunale di Milano elencando una serie di motivazioni che avrebbero dovuto convincere la Procura a continuare le indagini. Ma non si arrivò a nulla. Tutto ruota attorno a ciò che accadde immediatamente prima del decesso di Marco Perini. Poco prima della scomparsa, infatti, il 34enne agricoltore avrebbe fatto rientro a casa (erano le 15, 15.30) per recarsi con la moglie al supermercato. Quel pomeriggio un uomo in effetti uscì dalla cascina a bordo di un ciclomotore. Viaggiava ad andatura sostenuta e in posizione aerodinamica. A bordo di quel ciclomotore forse c'era l'assassino di Marco Perini. Lo stesso motorino è stato poi ritrovato dagli zingari bosniaci che si erano accampati in quella zona. Probabilmente un ennesimo tentativo di depistaggio per far ricadere su di loro le colpe del delitto. Furono gli stessi zingari a dichiarare di avere visto una macchina avvicinarsi e allontanarsi a gran velocità dal luogo in cui il motorino era stato lasciato. Come siano andate le cose saranno le nuove indagini a chiarirlo, se l'istanza di riapertura verrà accolta.
E dopo mesi e mesi di lavoro certosino compiuto dall'avvocato Francesco Campagna di Milano è arrivato il momento di presentare il documento che spiega per filo e per segno i motivi per i quali la Procura deve indagare ancora su un delitto che ha sempre recato con sé un alone di mistero. Su chi siano le persone da sentire, gli elementi ancora da accertare, gli argomenti da approfondire c'è il massimo riserbo come è giusto che sia in questi casi. “Posso solo dire che non è stata una persona sola, ma questo lo si era capito subito. E che gli assassini vanno cercati nella nostra zona, come ho sempre detto”, aggiunge Ebe Pagliari. Che ha parlato di “premeditazione”. Quindi coloro che hanno colpito a morte Marco Perini con un corpo contundente e lo hanno accoltellato nel pomeriggio dell'11 maggio 2000 avevano pianificato la sua uccisione. Conoscevano le abitudini dell'agricoltore e gli hanno teso un agguato.
“Sul movente non posso proprio dire niente - aggiunge la Pagliari - Mi auguro solo che questa istanza non faccia la fine di quella precedente”. Infatti nel mese di gennaio 2005 Ebe Pagliari presentò una prima istanza presso il Tribunale di Milano elencando una serie di motivazioni che avrebbero dovuto convincere la Procura a continuare le indagini. Ma non si arrivò a nulla. Tutto ruota attorno a ciò che accadde immediatamente prima del decesso di Marco Perini. Poco prima della scomparsa, infatti, il 34enne agricoltore avrebbe fatto rientro a casa (erano le 15, 15.30) per recarsi con la moglie al supermercato. Quel pomeriggio un uomo in effetti uscì dalla cascina a bordo di un ciclomotore. Viaggiava ad andatura sostenuta e in posizione aerodinamica. A bordo di quel ciclomotore forse c'era l'assassino di Marco Perini. Lo stesso motorino è stato poi ritrovato dagli zingari bosniaci che si erano accampati in quella zona. Probabilmente un ennesimo tentativo di depistaggio per far ricadere su di loro le colpe del delitto. Furono gli stessi zingari a dichiarare di avere visto una macchina avvicinarsi e allontanarsi a gran velocità dal luogo in cui il motorino era stato lasciato. Come siano andate le cose saranno le nuove indagini a chiarirlo, se l'istanza di riapertura verrà accolta.
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