C’è anche Ossona tra i comuni localizzati dal NOE dei
carabinieri. Ad Ossona c’era una discarica abusiva smascherata dagli
investigatori insieme a quelle presenti in numerosi altri comuni, tra cui anche
Pregnana Milanese. Ecco il comunicato ufficiale:
Le indagini hanno avuto origine da un monitoraggio condotto - nell’ambito di una mirata azione di contrasto del Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale - dal Gruppo CC TA di Milano, responsabile del coordinamento dei dieci Nuclei Operativi Ecologici del Nord Italia, sul fenomeno degli incendi ai danni degli impianti formalmente autorizzati alla gestione dei rifiuti e di diversi capannoni industriali adibiti a discariche abusive, avviato nel marzo 2018 a seguito della recrudescenza di tale fenomeno in tutto il territorio di competenza, che ne ha consentito la corretta lettura criminale ipotizzando così in tali circostanze, quale idoneo metodo investigativo successivamente applicato a livello nazionale per tutte le indagini di settore, la sussistenza a monte di una attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, ritenendo l’incendio degli stessi non un fatto a se stante da perseguire “tal quale” bensì una modalità per l’illecito smaltimento – senza oneri – di quelle che sono le componenti di costo per le aziende di settore, ossia gli scarti non più recuperabili.
E’ così stata scoperta un’articolata rete criminale costituita da diversi soggetti, alcuni dei quali collegati direttamente e/o indirettamente ad imprese operanti nel settore dei rifiuti, altri privi di qualsivoglia titolo autorizzativo che, attraverso operazioni continuative e con ruoli diversi, in modo organizzato, condividevano un articolato e rodato programma criminoso che prevedeva lo smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti speciali per il conseguimento di un profitto ingiusto.
Nella mattinata odierna, in Lombardia, Piemonte, Liguria,
Emilia Romagna, Calabria e Sicilia, i Carabinieri del NOE di Milano,
collaborati dai NOE e dai Comandi Provinciali CC territorialmente competenti
con un imponente dispositivo di circa 200 militari impiegati, hanno dato
esecuzione a un’ordinanza di misura cautelare (6 in carcere, 3 agli arresti
domiciliari e 7 con obbligo di firma) emessa dal G.I.P. del Tribunale di Torino
– Dott. Giacomo MARSON - su richiesta della locale Procura della Repubblica- D.D.A
– Sost. Proc. Dott. Enrico ARNALDI di BALME - nei confronti di soggetti
ritenuti responsabili, a vario titolo, di traffico illecito di rifiuti in
concorso e realizzazione di discariche abusive ubicate in Piemonte, Lombardia e
Veneto. Nel corso delle indagini sono stati sottoposti a sequestro 9 capannoni
industriali riconducibili ad aziende operanti nel campo del trattamento dei
rifiuti unitamente a vari automezzi –
anche appartenenti a società di trasporto - utilizzati nelle attività
criminali, per un importo complessivo di circa 3.000.000 di euro.
Le attività investigative, condotte dal Nucleo Operativo
Ecologico Carabinieri di Milano e coordinate dalla DDA di Torino, hanno
consentito di individuare l’esistenza di un gruppo criminale operante nel campo
del trattamento e trasporto dei rifiuti, dedito alla gestione e smaltimento
illecito di ingenti quantitativi di rifiuti, costituiti da rifiuti
indifferenziati urbani e speciali provenienti prevalentemente - su diversi
canali - da varie regioni del Nord Italia, attraverso lo stoccaggio ed il
successivo abbandono in capannoni industriali dismessi, dando luogo, in tal
modo, alla creazione di numerose discariche abusive, localizzate e sequestrate
nelle località di Sale (AL), Breda Di Piave (TV), Oltrona San Mamette (CO),
Ossona (MI), Cerrione (BI), San Pietro Mosezzo (NO), Pregnana Milanese (MI),
Romentino (NO), Caltignaga (NO) e Momo (NO). Le indagini hanno avuto origine da un monitoraggio condotto - nell’ambito di una mirata azione di contrasto del Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale - dal Gruppo CC TA di Milano, responsabile del coordinamento dei dieci Nuclei Operativi Ecologici del Nord Italia, sul fenomeno degli incendi ai danni degli impianti formalmente autorizzati alla gestione dei rifiuti e di diversi capannoni industriali adibiti a discariche abusive, avviato nel marzo 2018 a seguito della recrudescenza di tale fenomeno in tutto il territorio di competenza, che ne ha consentito la corretta lettura criminale ipotizzando così in tali circostanze, quale idoneo metodo investigativo successivamente applicato a livello nazionale per tutte le indagini di settore, la sussistenza a monte di una attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, ritenendo l’incendio degli stessi non un fatto a se stante da perseguire “tal quale” bensì una modalità per l’illecito smaltimento – senza oneri – di quelle che sono le componenti di costo per le aziende di settore, ossia gli scarti non più recuperabili.
E’ così stata scoperta un’articolata rete criminale costituita da diversi soggetti, alcuni dei quali collegati direttamente e/o indirettamente ad imprese operanti nel settore dei rifiuti, altri privi di qualsivoglia titolo autorizzativo che, attraverso operazioni continuative e con ruoli diversi, in modo organizzato, condividevano un articolato e rodato programma criminoso che prevedeva lo smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti speciali per il conseguimento di un profitto ingiusto.
Pertanto, nel corso delle attività, venivano individuati i
soggetti colpiti dall’odierno provvedimento cautelare che rivestono,
nell’ambito dell’organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti
smantellata gravitante sulle società
TOMMASI Srl di Sale (AL) ed ECO Ambiente di Caltignana (NO), i seguenti
ruoli:
- produttori rifiuti o i primi ricettori dei rifiuti,
soggetti solitamente in regola con le autorizzazioni ed interessati al
conferimento di grossi quantitativi di rifiuti verso imprese autorizzate,
almeno formalmente, a riceverli. Si tratta di società solide sia dal punto di
vista patrimoniale che da quello economico, con numerosi rapporti contrattuali
per la raccolta di rifiuti. Pertanto, provare il coinvolgimento di questi
soggetti nel traffico di rifiuti è difficoltoso stante la regolarità formale
del loro operato;
- gli
imprenditori titolari di una formale autorizzazione al trattamento dei rifiuti
(quasi sempre inefficace per l’assenza delle garanzie fideiussorie
obbligatorie), utilizzati dai primi per il conferimento apparentemente regolare
dei rifiuti ma in realtà poi destinati a capannoni adibiti a discariche abusive
e mai smaltiti regolarmente. In questo caso si tratta di società non
patrimonializzate, spesso gestite da prestanome e destinate ad avere una durata
breve nel tempo;
- i
trasportatori, titolari di regolare autorizzazione al trasporto di rifiuti, che
si prestano a trasportare rifiuti verso siti non autorizzati, con
documentazione di trasporto (FIR) falsa o comunque irregolare
- soggetti
che si occupano del reperimento dei capannoni da adibire a discarica abusiva,
proponendoli ai produttori (o intermediari) dei rifiuti e agli imprenditori
titolari della formale autorizzazione, che acquisiscono in uso tali capannoni e
vi stipano i rifiuti loro conferiti dai produttori (o intermediari);
- soggetti che si occupano anche della intermediazione
abusiva nel settore, mettendo in contatto i produttori/intermediari dei rifiuti
con le imprese formalmente titolate a ricevere rifiuti e con i trasportatori disponibili ad attività
illegale.
Le attività delittuose
si estrinsecavano principalmente
attraverso un flusso articolato di rifiuti reso possibile attraverso il
compimento di due operazioni illegali che si possono distinguere:
nei “TRASBORDI”: i rifiuti in arrivo/entrata presso gli
impianti della società oggetto d’indagine venivano scaricati dagli automezzi di
trasporto e stoccati all’interno e/o all’esterno del sito per un tempo breve
(alcune ore). I rifiuti - così come ricevuti dal produttore – venivano
ri-caricati su di un automezzo (che i soggetti indagati in gergo chiamato
“navetta”) di proprietà di una ditta di “fiducia” e smaltiti abusivamente
presso i capannoni industriali prescelti da destinare a discarica abusiva di
rifiuti; un’operazione del tutto clandestina di trasferimento illegale di
rifiuti da camion a camion;
nell’operazione meramente cartolare denominata “GIRO BOLLA”,
attraverso la quale il gestore dell’impianto fa apparire adempiuti gli obblighi
di ricevimento e recupero senza in realtà neanche scaricare dal mezzo i rifiuti
ricevuti con regolare formulario di identificazione mentre all’autista del
mezzo che li trasferisce (anche in questo caso di “fiducia”) viene rilasciato
un documento di trasporto che attesta formalmente il trasferimento di materiale
ottenuto da operazioni (fittizie) di recupero e/o riciclaggio.
Le verifiche e i controlli eseguiti sui vari siti via via
individuati consentivano di ricostruire il modus operandi del gruppo criminale
che operava attraverso:
il controllo di un impianto formalmente autorizzato dagli
Enti competenti al ricevimento, recupero e/o smaltimento di rifiuti speciali;
la disponibilità diretta di uno o più capannoni dismessi
acquisiti attraverso contratti di locazione, privi di qualsivoglia titolo
autorizzativo alla gestione dei rifiuti, nonché sprovvisti dei presidi
antincendio, dove poter stipare abusivamente i rifiuti;
la presentazione presso il SUAP (Sportello Unico Attività
Produttive) di un’istanza diretta ad avviare un procedimento amministrativo al
fine di ottenere un’ autorizzazione in regime semplificato per il recupero di
rifiuti non pericolosi. Tale tipo di richiesta rappresenta spesso un
particolare escamotage amministrativo a cui fare ricorso per eludere i
controlli perché fornisce una apparente legittimazione formale all’attività
posta in essere nei capannoni industriali acquisiti per stoccarvi i rifiuti;
la retribuzione dei proprietari/detentori dei capannoni
dismessi (che in alcuni casi risultavano tuttavia ignari attesa la
formalizzazione di contratti aventi motivazioni di fantasia), privi di
autorizzazioni relative alla gestione dei rifiuti, soggetti che, non avendo
altro modo di mettere a reddito gli immobili, privi di valore commerciale
effettivo, si adoperano per rendere utilizzabile il sito illegale dai detentori
“autorizzati” dei rifiuti, dietro corresponsione di denaro versato da
quest’ultimi in contanti oppure tramite carte prepagate intestate a soggetti a
loro non direttamente riconducibili;
la collocazione presso i capannoni dismessi di un carrello
elevatore (muletto) per poter scaricare i rifiuti gestiti e “impilarli” al fine
di aumentare le capacità di stoccaggio nel sito illegale. Muletti che, come le
indagini hanno dimostrato, vengono spostati da un sito illegale all’altro, la
cui proprietà è a volte condivisa tra gli intermediari nell’acquisizione della
disponibilità dei siti e i detentori del rifiuti;
il demandare la movimentazione dei rifiuti nei capannoni
dismessi a manovalanza extracomunitaria (con poche pretese economiche da
retribuire a giornata lavorativa, in nero);
l’affidamento del trasferimento dei rifiuti (dal produttore
all’impianto controllato oppure dal produttore direttamente al capannone
dismesso) ad imprese di trasporto colluse in quanto cointeressate al traffico;
l’utilizzo di sistemi di comunicazione diversi dai sistemi
ordinari (in particolare tramite l’applicazione whatsapp) ricorrendo anche
all’impiego di utenze telefoniche intestate a prestanome (perlopiù
extracomunitari) allo scopo di costituire una “rete” di comunicazione segreta e
parallela a quella ufficiale.
I rifiuti vengono pertanto immessi nel circuito illegale
utilizzando un falso codice dell’elenco europeo dei rifiuti (EER) riferito
prevalentemente a “plastica e gomma” oppure a” imballaggi di materiali
misti”, cioè rifiuti su cui è ancora
possibile un recupero di materia, in luogo del corretto codice corrispondente
ai rifiuti che non presentano frazioni valorizzabili, che possono quindi essere
smaltiti solo in discarica autorizzata o termovalorizzatore.
Commenti
Posta un commento