Tutte le professioni crescono, il giornalismo è sprofondato

C’è una cosa che mette tristezza nel lavoro da giornalista. Ben di più dell’essere sottopagati perché questa è una conseguenza. Per fare il giornalista non serve alcun titolo di studio, questa è una realtà. Serve solo saper leggere e scrivere in italiano. Nient’altro. Ed è così da sempre. Le altre professioni sono cresciute di livello. Per fare l’infermiera negli anni’80 si frequentava la scuola per infermieri all’ospedale.

Oggi l’infermiere è laureato e deve frequentare continui corsi di aggiornamento. Lo stesso dicasi per fare il fisioterapista e mille altre professioni. Pochi giorni fa si è deciso che i marescialli dell’Arma dei Carabinieri dovranno obbligatoriamente iscriversi al corso di laurea in scienza della Sicurezza organizzato dall’Università di Pavia. Insomma, tutte le professioni richiedono competenza teorica e pratica. Il giornalista no. Le conseguenze di tutto questo sono un decadimento generale della professione. Sinceramente se oggi dovessi citare il nome di qualche giornalista al pari dei mostri sacri del passato farei fatica a tirarne fuori uno. Oggi basta che un ragazzo delle superiori si presenti alle porte di una testata, cartacea o più frequentemente on Line, e nel giro di poche ore potrebbe essere sbattuto sul campo ad occuparsi di cronaca nera.

Faccio un esempio perché da anni mi occupo di cronaca nera e ne conosco le difficoltà. Ovviamente il ragazzo si limiterà a ricopiare agenzie e comunicati stampa perché tanto tutti oggi fanno così. Quindi che cavolo di competenza serve per ricopiare le agenzie di stampa? Se non ha la minima competenza il direttore di quella testata cosa vuoi che gliene freghi di crescere al ragazzo che entra in una redazione. Nessuna competenza serve, anche un semi analfabeta potrebbe ricopiare un’agenzia. E parliamo dell’essere sottopagati? Dico sempre che i primi responsabili della distruzione del mestiere di giornalista siamo proprio noi giornalisti.

Tornando all’esempio della cronaca nera occuparsene significa avere competenze di diritto, psicologia, saper parlare con la gente, avere sensibilità e rispetto, oltre a saper raccontare quello che succede. Come minimo servirebbe una preparazione a livello universitario per chi se ne occupa. Seguita da costanti corsi di aggiornamento fatti bene e non come quelli odierni frequentati svogliatamente solo per recuperare crediti. Altrimenti non ci dobbiamo stupire se il cronista di turno non sa nemmeno cosa sia un arresto in flagranza di reato. Anche io ogni tanto lo devo ripassare (sono passati troppi anni dall’esame di Procedura Penale..), ma almeno mi impegno a farlo. Anche io sbaglio è parecchio, ma almeno cerco di non sbagliare cavolo. E allora ecco le conseguenze peggiori. Lasciamo perdere la preparazione e scriviamo scopiazzando un po’ qua e un po’ la’. Scriviamo di suicidi perché tanto un suicidio fa diecimila accessi e chissenefrega di tutto il resto. Parliamo di depressione senza manco sapere cosa sia copiando da Wikipedia. Il primo pirla su Facebook scrive di una rapina nel tal posto?

Bene, nemmeno dobbiamo alzare il culo per andare a vedere. La copiamo da Facebook e se ha messo la foto la prendiamo, citiamo il suo nome così è contento. Addio giornalismo, dovremmo andare tutti a zappare. Ma tanto non ne saremmo capaci perché per zappare serve impegno e competenza. 

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