Tra i luoghi
del nostro territorio da visitare oggi proponiamo la frazione robecchese di Castellazzo
dè Barzi. Antichissime le sue origini, addirittura è di epoca romana. In epoca
medioevale il borgo si sviluppò notevolmente con la crescita della nobile
famiglia dei Barzi. Cosa c’è da vedere a Castellazzo dè Barzi. Il vecchio oratorio
di San Carlo riedificato nel XVII secolo, Villa Arconati del ‘600 passato poi al
Collegio Longoni di Milano. Palazzo usato dagli alunni dell’istituto come sede
di soggiorni estivi. Tra di loro anche Alessandro Manzoni, come riportato su
una lapide all’ingresso. Luoghi naturali
molto belli a cominciare dal Busc di Strii, il fontanile del gallo e le
campagne visto che Castellazzo conserva ancora la sua natura strettamente
agricola. E la cascina Tangola che ricorda l’eccidio nazifascista.
Castellazzo
de' Barzi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Castellazzo
de' Barzi (Castilàsc di Bars in dialetto milanese) è una frazione di Robecco
sul Naviglio in provincia di Milano di 696 abitanti, distante meno di un
chilometro dal comune di appartenenza.
Il primo nucleo abitativo di Castellazzo de
Barzi risale all'epoca romana, quando il piccolo borgo si trovava legato per
interessi alla vicina Robecco sul Naviglio, con la quale condividerà gran parte
della propria storia.
Lo sviluppo del primo vero e proprio borgo
avvenne però in epoca medioevale, quando attorno al castrum già preesistente,
presero a sorgere diversi cascinali ed abitazioni rurali: in questo contesto e
in quello rinascimentale, crebbe la potenza della nobile famiglia dei Barzi,
divenuta feudataria del borgo nel 1433, rimanendo in carica sino al 1625. Qui
infatti, secondo le stime derivate dai dati del Catasto di Carlo V, i Barzi
possedevano il 95% delle terre, ma la casata andò coi secoli in rovina venendo
meno la predominanza del latifondo rispetto alle industrie ed all'evuluzione
dell'artigianato locale legato alla presenza del Naviglio Grande.
Dalle mappe del catasto teresiano del 1722,
apprendiamo invece la prima radicazione di tali case, sviluppate in prefalenza
lungo l'asse della strada che proveniva da Cassinetta di Lugagnano e che
conduceva a Robecco, l'attuale via Manzoni. Nel 1736 parte del patrimonio dei
Barzi venne smembrato, con la vendita addirittura del "Castellaccio",
ovvero del Palazzo de' Barzi che ancora oggi è presente in centro al borgo.
Esso contava all'epoca circa 204 abitanti, mentre nel 1805 dopo la Rivoluzione
e le guerre napoleoniche, già gli abitanti erano ridotti a 180 circa.
Dal 1757 sino al 1870 Castellazzo de' Barzi
costituì comune autonomo venendo in seguito, come accaduto in età napoleonica,
aggregato a Robecco sul Naviglio, di cui ancora oggi è frazione.
Malgrado l'evoluzione dei tempi, ad ogni modo,
Castellazzo è rimasta un paese agricolo anche dopo l'unità d'Italia, giungendo
sino ai giorni nostri, dove ha acquisito connotati prevalentemente
residenziali.
Chiesa di
San Carlo
Intitolata al santo patrono di Castellazzo de'
Barzi, la piccola chiesa di San Carlo di Castellazzo de' Barzi è una
costruzione moderna, edificata nel 1955 per sopperire alle esigenze degli
abitanti dell'area, dal momento che il precedente luogo di culto (l'Oratorio di
San Carlo) si dimostrava inadatto ad accogliere la nuova massa di fedeli della
frazione.
Rilevante, all'interno, la pala d'altare che è
costituita da una tela dei primi del Seicento ad opera di Paolo Camillo
Landriani, detto il Duchino: essa raffigura la Madonna con Gesù Bambino e il
piccolo San Giovanni Battista, ai cui piedi si trova una pecora. La scena sacra
è attorniata dalla presenza di altri santi, vissuti in epoche differenti: a
sinistra si trovano San Girolamo eremita e San Carlo Borromeo inginocchiato in
venerazione, mentre a destra si trovano Sant'Isidoro, patrono degli
agricoltori, che tiene in mano una zappa, sovrastato da cherubini immersi in un
panorama di nubi.
Anticamente questo dipinto era venerato nella
sacrestia dell'Oratorio di San Carlo di Castellazzo de' Barzi e venne
trasferito nella nuova chiesa nel 1955. Recentemente l'opera è stata oggetto di
restauri.
Oratorio di
San Carlo
Riedificato
integralmente nel XVII secolo, l'Oratorio di San Carlo di Castellazzo de' Barzi
sorgeva anticamente sulla pianta dell'antico oratorio campestre di San
Salvatore, eretto già a partire da epoche remote per sopperire alle esigenze
dei contadini dell'area, che necessitavano di un adeguato luogo di culto in
loco.
Con il
Seicento, l'Oratorio venne dedicato a San Carlo e successivamente cadde in
abbandono, venendo utilizzato come deposito di granaglie ed attrezzi agricoli.
Nel 1992 una
complessa opera di restauro, l'ha riportato al suo antico semplice splendore.
La
struttura, di ridotte dimensioni, è adiacente la strada ma inglobata
all'interno dei fabbricati rurali parti della proprietà di Villa Arconati. La
pianta, quadrangolare, è preceduta e abbellita da un piccolo portico su colonne
con soffitto a volta, il tetto è a capanna e la cappella dispone anche di un
piccolo campanile col concerto di una sola campana.
Ville e
palazzi
Villa Arconati
Costruito
nel Seicento ad opera della famiglia dei Barzi, il palazzo si staglia ancora
oggi imperioso nel centro cittadino. Passato successivamente alla famiglia
Arconati, nel 1736 lo stabile venne venduto al Collegio Longoni di Milano che
ne mantenne la proprietà perlomeno sino agli inizi dell'Ottocento.
Il palazzo
era utilizzato come un distaccamento utilizzato dagli alunni dell'istituto come
sede perlopiù estiva, e proprio tra queste sue mura (come ricorda una lapide
infissa sul portale) soggiornò anche Alessandro Manzoni.
L'edificio è
costituito da una struttura quadrangolare, con l'impianto tipico di villa
residenziale, ma a corte chiusa (in ricordo dell'antica struttura del castello
ivi presente). La facciata, che si trova su un piccolo spiazzo che costituisce
la piazza principale del piccolo borgo, è abbellita unicamente da un portale arcato
e lavorato in forme semplici con delicate decorazioni lineari in cemento
sporgenti. La corte interna, si apre su un unico cortile d'onore, che viene
distinto sul fondo col tipico ingresso a tre arcate, distinte da colonne
doriche in granito. L'interno non presenta tracce di pitture o opere scultoree
di rilievo e oggi in esso sono state ricavate unità abitative. Fanno eccezione
alcune meridiane a muro settecentesche di pregevole gusto barocco.
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